Un viaggio intenso, capace di far ridere, riflettere e commuovere. Sabato sera, nel corso della cena di Natale firmata Contra Group, il pubblico ha assistito all’intervento-spettacolo di Stefania Parterno, attrice e autrice di Briciole, un monologo brillante e profondo che affronta il tema delle relazioni tossiche con uno stile accessibile, umano e mai retorico.
Uno spettacolo molto apprezzato, che ha saputo portare un argomento complesso e delicato alla portata di tutti, alternando ironia e verità, leggerezza e consapevolezza. Briciole ha accompagnato il pubblico in un racconto intimo ma universale, dimostrando come il teatro possa diventare uno spazio di ascolto, riconoscimento e condivisione.
Proprio in occasione della serata, Stefania Parterno ha festeggiato la 50esima replica dello spettacolo, un traguardo importante che testimonia la forza e l’attualità di un monologo capace di parlare a donne e uomini, senza giudizi, ma con uno sguardo lucido sulla contemporaneità.
Prima di vederla in scena, avevamo parlato con l’artista per entrare nel cuore della sua storia e comprendere cosa avremmo trovato sul palco: un racconto nato dal dolore, trasformato in arte, e diventato negli anni uno strumento di consapevolezza collettiva.

L’INTERVISTA
D. Più che un monologo, tu hai parlato quasi di “un figlio”, o comunque “una tua creatura”, perché? Raccontaci della genesi di questa rappresentazione.
R. “Intanto ci tengo a raccontarvi che lo spettacolo ho deciso di chiamarlo ” Briciole ‘ perché le briciole in questo caso hanno una tripla valenza, intanto sono la metafora di ciò che resta alla fine di un rapporto tossico, solo qualche briciola appunto, ma le briciole sono anche la descrizione perfetta del rapporto stesso, che non è amore, ma è solo una manciata di briciole. La sensazione è quella di avere fame d’amore, un amore che non può essere vissuto a pieno, quindi ci si accontenta delle briciole e infine è il nostro corpo, la nostra mente e il nostro cuore che malnutrito diventa briciole. Era un periodo molto difficile della mia vita, ero stata lasciata, di nuovo, sempre con le stesse modalità, un altro fallimento sentimentale, ancora quella terribile sensazione di essere stata abbandonata, ero confusa, cercavo delle spiegazioni logiche, delle motivazioni plausibili a cui aggrapparmi per capire, per soffrire di meno, ma non riuscivo a trovarle, sentivo di aver perso la parte più bella di me, non riuscivo a razionalizzare l’accaduto, la fine di una storia è sempre molto dolorosa, ma c’era qualcosa di più. Le modalità attraverso le quali ero stata lasciata, il giorno del mio compleanno, era tutto così tossico e illogico, ero estremamente in difficoltà, non solo per come era finita la storia, ma anche e soprattutto per come era cominciata e per il risvolto che aveva preso.
Così cominciai a scrivere, era Luglio 2018, dovevo trasformare il mio dolore in qualcosa di costruttivo e soprattutto sapevo che aiutando me stessa avrei aiutato anche tutte quelle persone intrappolate in rapporti tossici. Volevo parlare di manipolazione, di abbandono, di violenza psicologica, spesso molto sottovalutata rispetto a quella fisica. Mi sono voluta focalizzare sul narcisismo patologico, definito il ” male del secolo “, perché le mie esperienze ruotavano sempre intorno a figure di questo tipo, in amore, in amicizia, in famiglia e in ambito lavorativo, Scoprire che si tratta di una vera e propria patologia contenuta nel DSM ( manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali ) ha indubbiamente accelerato la mia guarigione, perché finalmente le mie domande avevano una risposta, tutto ha cominciato ad assumere un aspetto molto più chiaro sia per me sia per tutte quelle persone intrappolate dentro dinamiche di questo tipo, persone inconsapevoli, incontrate durante questo faticoso e avventuroso cammino che mi ha portato fin qua.
Per questi motivi Briciole è come se fosse un figlio, una mia creatura, una missione di vita, quella di far comprendere la gravità e la serietà del narcisismo patologico, causa di molti femminicidi, violenze, stupri, atti di bullismo, lo specchio della nostra società, dove non esistono forme di comunicazione ma più di possesso e di totale prevaricazione, per chi soffre di tale patologia l’altro non è un essere umano che ha bisogni, idee, sentimenti, ma solo un oggetto al suo servizio, se è utile lo tiene, in caso contrario lo scarta.
Ho avuto la possibilità di parlare del mio spettacolo e del mio libro ( tratto da questo spettacolo ) all’interno del programma Sopravvissute su Rai Tre, ho avuto l’onore di avere come sponsor la Croce Rossa che ha organizzato per me delle date importanti in dei teatri bellissimi, sono state sempre grandi occasioni di incontro, di scambio, di crescita che mi hanno sicuramente cambiata profondamente, come penso possa cambiare un figlio quando lo metti al mondo. Quindi si, Briciole è come se fosse il mio primogenito e avrà per sempre un valore speciale.”
D. Un monologo che ha avuto diverse versioni di sé, nel tempo, ma il messaggio è sempre stato unico. Cosa è “cambiato” e cosa invece rimane?
R. “Briciole è l’esempio massimo di come il teatro abbia accelerato il mio percorso di guarigione, si è rivelato terapeutico, mi ha permesso di veicolare il dolore in arte e questo è sempre un grande arricchimento per la nostra anima. Durante gli anni a livello scritturale è cambiato molto perché sono cambiata io. E più vado avanti più diventa coerente con la donna che voglio essere non solo in teatro ma anche nella vita.
Inizialmente avevo come uno scollamento, a teatro ero consapevole, sicura, evoluta, nella vita di tutti i giorni invece ero ancora intrappolata all’interno di dinamiche tossiche, adesso questa distanza si è accorciata, esiste ancora, ma di anno in anno diventa sempre più corta.
Rimane la mia sensibilità, la mia fragilità, la mia vulnerabilità, le mie ferite, ma la mia forza, il mio amor proprio, il mio coraggio stanno facendo spazio tra le mie paure.”
D. Siamo alle soglie della 50esima replica, migliaia le persone che hanno ascoltato le tue parole. Quanto ha fatto bene a te pronunciarle? Quanto pensi possano aver aiutato gli altri?
R. “Lo spettacolo ha debuttato a Gennaio del 2019 e proprio da voi festeggerò la 50esima data, e non posso che esserne entusiasta, ognuna di queste date mi ha regalato qualcosa, ho conosciuto tantissime persone che mi hanno raccontato la loro storia personale, sia donne che uomini, che hanno capito il senso dello spettacolo e che hanno riflettuto sia sui loro comportanti sia sui comportamenti altrui.
Alcune persone ne sono rimaste un pò turbate, altre hanno cominciato a respirare perché si sono sentite finalmente capite, altre ancora hanno aperto gli occhi, altre dopo il mio spettacolo hanno cominciato a fare terapia, altre hanno avuto il coraggio di chiudere la loro storia, altre invece hanno riportato la luce eliminando delle dinamiche tossiche all’interno dei loro rapporti ed altre ancora hanno affrontato il loro dolore veicolandolo in arte.
E invece per quanto mi riguarda più lo faccio più capisco tutto quello che non voglio più nella mia vita e anche tutto quello di cui ho bisogno.”
D. La protagonista sei tu, ma anche noi. C’è la tua storia sul palco, ma è una storia comune a tante. E il monologo si rivolge anche, e forse soprattutto, al pubblico maschile.
R. “Ovviamente ho scritto lo spettacolo dal mio punto di vista, quindi femminile, ma ci tengo a sottolineare un concetto per me fondamentale La mia più grande vittoria risiede nel fatto che è uno spettacolo rivolto a tutti, sia a uomini che a donne, non ci sono accuse, la Violenza non ha un’identità di genere, la Violenza è Violenza, ho conosciuto donne coinvolte in rapporti tossici, così come uomini, massacrati psicologicamente dalle loro compagne, ovviamente sono dinamiche diverse, e purtroppo nella maggior parte dei casi, come affermano i tanti episodi di cronaca nera che ci stanno ormai accompagnando nel nostro quotidiano solitamente la violenza sulla donna si traduce in barbari femminicidi, dove appunto entra in gioco una dinamica maschile di possesso e di forza, nella donna verso l’uomo scatta più un tipo di Violenza psicologica, ma ripeto, tutti ne siamo coinvolti. Per questo non ci sono accuse, non ci sono vittime e carnefici, ma riflessioni profonde sulla nostra attualità, su uno Stato assente, su una grande disinformazione, sull’assenza nel nostro paese nelle scuole di una profonda educazione all’affettivita e alla sessualità, e ancora una riflessione su come venga trattata la salute mentale, e sull’importanza del proprio percorso individuale. Sono convinta che solo facendo un grande lavoro di cambiamento ognuno di noi potrà riuscire a ritrovare la propria integrità e ad entrare in contatto con le proprie ferite, quelle più profonde, affinché nessuno potrà più farci del male e viceversa. Ho deciso di parlare di tutto questo utilizzando soprattutto per gran parte dello spettacolo un linguaggio brillante, descrivere un dolore attraverso la risata ho potuto constatare che è molto funzionale e molto forte allo stesso tempo, perché attraverso la risata si riesce a mostrare il lato più divertente del dolore, in modo da poterlo esorcizzare e poterlo vivere con maggiore distacco.”

D. Ridendo si dice la verità. E scherzando si riflette profondamente. Cosa ne pensi? E cosa dobbiamo aspettarci? Tanto divertimento, tante lacrime o di piangere dalle risate?
R. “Vi aspetta un po’ di tutto, divertimento, lacrime, e profonde riflessioni, il tutto condito da numeri musicali che scandiscono le emozioni della protagonista. Inoltre con la rottura della quarta parete, assisterete ad un pieno e totale coinvolgimento da parte del pubblico, saranno tanti i momenti in cui mi rivolgerò direttamente alla gente in sala, creando così un canale ancora più diretto e intimo.
Per quanto riguarda il linguaggio comunicativo che utilizzerò è quello che mi rispecchia maggiormente, ho sempre affrontato i miei drammi con una giusta dose di autoironia, per cercare di alleggerirli e affrontarli con maggiore lucidità, ovviamente non è sempre possibile, tante volte la vita ti obbliga a fare prima un percorso doloroso, a provare sentimenti contrastanti, che vanno dall’odio, alla rabbia, alla paura, alla depressione, e così dopo averli interiorizzati, solo dopo aver attraversato la tempesta ecco che arriva l’arcobaleno e per me è sempre arrivato con la risata, un sorriso in faccia al dolore.
Recentemente ho letto questa bellissima frase: “Quando si riesce ad alternare umorismo e malinconia si ha successo, ma quando le stesse cose sono nel contempo divertenti e malinconiche è semplicemente meraviglioso.”

Briciole è stato un’esperienza condivisa, capace di affrontare un tema difficile come quello delle relazioni tossiche con un linguaggio diretto, empatico e comprensibile a tutti. Tra risate, silenzi e riflessioni, il monologo di Stefania Parterno ha lasciato il segno, dimostrando che anche attraverso l’ironia si può parlare di dolore, trasformandolo in coscienza e crescita.
Per Contra, da sempre attenta al valore delle persone, alla qualità delle relazioni e alla crescita culturale del proprio territorio, Briciole è stata un’occasione preziosa per ridere insieme, ma anche riconoscersi, ascoltare, emozionare e far sentire meno soli.

Intervista a cura di Federica Inverso
ph Sara Savarese