Ermanno Giamberini, nostro Amministratore e presidente dell’Associazione campana corrieri spedizionieri ed autotrasportatori (Accsea), numero uno della Confetra regionale e membro del consiglio direttivo di Fedespedi, sulle pagine di Informazioni Marittime accende i riflettori sul comparto della logistica indicando le difficoltà per il settore dell’export del Sud.

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In genere, quando si parla delll’impatto delle crisi economiche, ci si sofferma sulle importazioni. In realtà, per quanto riguarda il Mezzogiorno d’Italia, non si analizza mai abbastanza il ruolo delle esportazioni, la sua principale fonte economica. L’agroalimentare, per esempio, una delle principali produzioni industriali del Meridione d’Italia, il fulcro del “made in italy”, viene movimentato per essere esportato all’estero. Un fattore evidente nel semplice fatto che i prodotti italiani sono imitati con etichette che ne richiamano l’italianità. Prodotti a basso valore aggiunto, cioè se ne deve esportare tanto per fare profitto, rispetto, per esempio, ai prodotti tecnologici.

L’import-export marittimo del Mezzogiorno si muove intorno ai 55 miliardi di euro, scesi a 31 miliardi nel 2020 (elaborazione SRM-Intesa San Paolo su dati coeweb). Un flusso che comincia a subire sempre di più il peso dei noli marittimi, soprattutto nell’agroalimentare dove ormai in export influiscono per la metà del valore su alcune destinazioni. «Il grosso di queste vendite è franco fabbrica, cioè il costo del nolo grava sul compratore estero, ma ora i compratori stanno iniziando a ribaltare il problema sui loro fornitori italiani chiedendo una riduzione del prezzo dei prodotti, rendendoli sempre meno competitivi sui mercati esteri», spiega Ermanno Giamberini, presidente di Confetra Campania, il distaccamento territoriale della confederazione delle imprese logistiche accreditata al CNEL.

In una situazione del genere il rischio per l’Italia è quello di vedersi aumentare le cancellazioni degli ordini, con la conseguenza che i compratori stranieri, quindi l’export, si indirizzino verso Paesi vicini che producono le stesse cose, non della stessa qualità ma con costi di trasporto più bassi ed etichette del tutto simili. Per il cliente finale il cambiamento è minimo, per l’economia italiana il cambiamento è profondo.

È un equilibrio delicato: merce a basso valore aggiunto ma riccamente esportabile. «L’export del Meridione – spiega Giamberini – è caratterizzato da prodotti “poveri”, conserve e pasta alimentare, mentre al Nord il valore aggiunto è superiore. Questo spesso sfugge all’attenzione, così come sfugge la concorrenza che questa filiera subisce da tempo, insieme a un sovraccarico dei costi di trasporto che sta diventando insostenibile. Facciamo un esempio. Nel 2019 la tratta Napoli-New York, uno dei mercati principali per l’export italiano, ha visto una crescita del 10 per cento dei costi per il trasferimento marittimo; nel 2020 di un ulteriore 4,5 per cento, anche se c’è da dire che dall’inizio della pandemia abbiamo avuto un calo dell’incidenza del carburante, cosa che ha permesso un contenimento dei costi del trasporto oceanico. Ma dalla fine del 2020 all’inizio di marzo di quest’anno l’aumento è stato del 78 per cento. Tra il 2018 e il 2020 l’aumento è stato del 105 per cento. E per i prossimi mesi ci aspettiamo dalle compagnie marittime un altro aumento consistente». Per quanto tempo l’esportazione di prodotti di questo tipo potrà sopportare una tale incidenza dei costi di trasporto? Già oggi si avvicina alla metà del valore della merce trasportata, rendendo la concorrenza dei vicini una spina nel fianco. 

Nel 2020 i noli degli armatori hanno toccato vette stratosferiche, in tutto il mondo. Negli ultimi cinque mesi sui noli import dall’Estremo Oriente si sono raggiunti anche i 10 mila dollari per container, quando in periodi normali ci si aggira tra i 2,500 e i 3 mila dollari. Un enorme sovraprezzo che ha permesso alle compagnie, ben organizzate nelle alleanze armatoriali graziate dal Block Exemption Regulation (che le esautora dal giudizio Antitrust Ue), di chiudere uno dei migliori bilanci finanziari di sempre in un anno di depressione economica senza precedenti dal Dopoguerra. Il Block è diventato un problema, un oligopolio che non fa bene al mercato, come sottolineano a più riprese gli spedizionieri.

Al contrario del trasporto marittimo, i costi degli spostamenti terrestri, dei mezzi pesanti e quelli doganali sono rimasti più o meno costanti. «Non si capisce la strategia – afferma Giamberini – se sia legata solo al profitto o a qualcos’altro. L’offerta di stiva pare abbia raggiunto il suo massimo possibile, quindi sembra una risposta di mercato. Attualmente non ci aspettiamo un calo della domanda, quindi neanche un calo dei noli, con la conseguenza che i produttori esportatori devono concludere i contratti con una variabile che non gli permette di mantenere i prezzi stabili. Alla lunga si rischiano grossi danni all’export italiano, fino alla paralisi. È importante portare all’attenzione questo fenomeno in vista del lancio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza», sul quale Confetra ha inviato alla ministra per il Sud, Mara Carfagna, un elaborato documento che cerca di portare all’attenzione una cattiva percezione del Mezzogiorno e del suo ruolo economico. Come, appunto, quello di relegarlo a regione economicamente localizzata nel Mediterraneo quando esporta massicciamente verso gli Stati Uniti e la Germania, per dirne due.

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